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“Il monumento” di Eduardo De Filippo in prima assoluta al Teatro della Pergola

25 novembre 2020

Eduardo De Filippo ebbe diverse città di elezione. Tra queste, la natia Napoli, Roma, che lo vide debuttare bambino al Valle, e Firenze dove la sua casa si chiamava Teatro della Pergola. Un rapporto speciale quest’ultimo, fatto di tante repliche memorabili, di qualche celebre debutto e del sogno di una scuola che trasmettesse l’arte teatrale nella sua totalità.

A Eduardo piaceva stare a lungo alla Pergola, settimane intere, durante le quali scriveva, provava e costruiva nuovi spettacoli. Aveva iniziato a calcare il palcoscenico fiorentino dalla stagione 1939/40 insieme alla sorella Titina e al fratello Peppino. Da quell’anno il suo nome è costantemente presente nei cartelloni della Pergola, grazie anche alla sintonia con Alfonso Spadoni, allora direttore del teatro. Al pubblico di Firenze ha offerto alcune prime nazionali dei suoi lavori, a partire da Il monumento, opera di cupa bellezza, di cui oggi ricorrono i 50 anni.

Il monumento debutta alla Pergola in prima assoluta il 25 novembre 1970, anticipato da un’anteprima per i critici e i giovani il 24 novembre. Fu annunciato come uno dei più importanti avvenimenti della stagione teatrale di quell’anno. Un debutto tanto atteso non solo per la curiosità di scoprire il nuovo capolavoro di Eduardo, ma anche per il fermento di un’opera “tormentata”, più volte rinviata, che coinvolgeva artisti singolari, il compositore Nino Rota, la star della canzone napoletana Giacomo Rondinella, e un’attrice “diversa” come Laura Adani, celeberrima e amatissima, ma poco napoletana. C’era poi, forte, l’emozione di vedere Eduardo attore, la sua verità scenica e umana insieme, il sorriso doloroso appena accennato sulle labbra sottili, i silenzi accigliati.

Protagonista della penultima commedia di Eduardo è il maresciallo Ascanio Penna, superstite della Seconda guerra mondiale, che vive con i suoi ricordi in un monumento diroccato. Con lui l’amante Sabina (Laura Adani), di ventisette anni più giovane, che si prostituisce di nascosto per campare. Un giorno, però, arriva lo sfratto per gli inquilini del monumento: si deve demolire per far posto alla sede di una società. Ma Ascanio, incapace di accettare, ancora una volta, il cambiamento dei tempi, rifiuta di andarsene. La mattina dello sfratto lo trovano morto in cima al monumento.

Fu a Milano, nel 1945, che a Eduardo venne l’idea di far abitare, in una sua commedia, un monumento. Passava, di notte, in una piazza dove troneggia un grande monumento e pensò che avrebbe potuto essere abitato dalla ragazza che, in attesa, vi stazionava davanti. Gli tornò in mente un altro monumento, questa volta più tristemente abitato, la Piramide di San Paolo a Roma, teatro delle stragi fasciste. Ma anche un momento felice della sua fanciullezza, quando saliva tutto solo sulla Colonna Antonina per ammirare Roma dall’alto. Un’idea a lungo accarezzata, che prende vita venticinque anni dopo sul palcoscenico della Pergola. Un’opera eccezionale, per la quale Eduardo scrive una breve premessa, facendo per la prima volta uno strappo al principio di non presentare mai le proprie commedie:

Ci sono sentimenti basilari per l’umanità, come l’amore tra uomo e donna, l’amore per i figli, quello per il proprio paese, sempre validi; l’umile, l’ignorante, lo “sprovveduto” crede a tale soprastruttura, e spesso, a costo di distruggere se stesso, continua a crederci anche quando chi l’ha costruita la sconfessa per crearne un’altra che sembri nuova in apparenza, ma che in sostanza è la stessa cosa. Pur denunciando i valori “retorici” in opposizione a quelli “veri”, pur non salvando lo “sprovveduto”, non posso fare a meno di provare un moto di simpatia umana per chi rimane vittima della egoistica furbizia di coloro che hanno in mano il potere.
Ancora una volta è l’umanità lampante di Eduardo, la sua saggezza terrena, a indicarci la via. La statura del grande uomo di teatro sta accanto a quella familiare, intima, che ognuno di noi porta dentro di sé.

Adela Gjata