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Un lavoro di misura. Intervista a Lodo Guenzi

01 dicembre 2023

di Angela Consagra

Trappola per topi è un vero e proprio classico della regina del giallo Agatha Christie: come si sviluppa questo vostro nuovo allestimento del testo?

Quello di Trappola per topi è un testo molto particolare: in Italia, infatti, tutti ne conoscono il titolo, ma pochissimi sanno davvero la trama. Tradizionalmente è stato portato in scena, nella maggior parte dei casi, da compagnie prevalentemente amatoriali ed è così che l’opera ha serpeggiato nell’immaginario italiano. Invece, in Inghilterra questo lavoro di Agatha Christie è un equivalente di quello che per noi rappresenta, per esempio, Pinocchio: è inciso a ferro e fuoco nella cultura popolare. Quindi, la verità è che mi sono approcciato in maniera molto vergine a questo giallo della famosa scrittrice inglese, cercando di non vivere lo spavento del ‘macigno del classico’ da interpretare. È la storia di otto personaggi che esasperano la rappresentazione di sé, perché al loro interno qualcosa si è rotto, anche a causa di quanto li hanno menati i genitori nell’infanzia o della pressione sociale che hanno subito in una dimensione rigida e fatta di apparenze come quella britannica. Al di là di tutta una serie di considerazioni sul genere thriller e sulla condizione economica dell’Inghilterra del Secondo dopoguerra - di cui sappiamo poco o niente - leggo nel testo una forte componente inerente alle maschere sociali che hanno finito per imprigionare coloro che le indossano. I protagonisti sono dei personaggi che hanno subito dei traumi, intrappolati dalle aspettative che la realtà esterna ha su di loro. La maschera che tutti indossano è esasperata, un aspetto che ha molto a che fare con la nostra epoca. 


“Mi sono approcciato in maniera molto vergine al giallo di Agatha Christie, cercando di non vivere lo spavento del ‘macigno del classico’ da interpretare”


Lodo Guenzi

Foto Federico Riva

Negli ultimi dieci anni, a causa dell’iper diffusione dei social network, della cultura woke e della pressione del capitale, siamo riusciti a fare un giro più raffinato per quanto riguarda la nostra vera interiorità. Ognuno di noi si porta dietro dei traumi che, anziché essere celati da una facciata accettabile e vincente come avveniva nell’Inghilterra di Agatha Christie, vengono indossati e rivendicati. Da bambini tutti abbiamo subito delle ferite emotive, piccole o grandi: è qualcosa di inevitabile, ed ecco perché possiamo diventare dei potenziali assassini, dei colpevoli o conniventi del male. Solo in un Paradiso ideale si cresce senza vivere dei drammi, che tentiamo di superare, a volte riuscendoci e a volte no. Possiamo essere anche delle persone orribili: questa è la cosa veramente attuale e interessante della scrittura di Agatha Christie, soprattutto in una società in cui oggi, per una forma di pulizia della coscienza molto commerciale, si decide di separare in maniera netta i colpevoli dalle vittime. Trappola per topi, al contrario, ci dice che, anche se esiste materialmente un assassino, i presenti sulla scena non sono mai del tutto innocenti. L’assassino è chiaramente uno che fa delle cose orrende, ma tutti gli altri non sono per niente puliti… Quelli che nella storia si rivelano essere innocenti sono coloro che non si arrendono alla vita, riuscendo a superare il loro trauma personale. Chi, invece, il trauma se lo porta dietro per tutta l’esistenza, alla fine diventa l’assassino.

“Mi hanno sempre richiesto di arrivare e sparigliare le carte, mentre in questo caso devo tenere le redini, cosa che non ero abituato a fare”

 

Lodo Guenzi

 

 

A che cosa ha fatto appello per interpretare il suo personaggio sulla scena?

La mia prima tentazione, pensando alla resa del personaggio, è stata quella di costruirlo essenzialmente basandomi sul segreto che si porta dentro. La parte più importante, invece, per sostenere questo tipo di carattere ha a che fare con il controllo: il sergente Trotter della polizia di Scotland Yard, che dovrà ricostruire la scena del delitto con l’aiuto di tutti i clienti della pensione, è uno sbirro. Rispetto a quello che mi capita di fare di solito è il mio primo personaggio che deve stare attento a usare ‘le marce basse’ per molto tempo: se sconfina in un andamento più alto o sopra le righe, allora lo spettacolo finisce. Si tratta, comunque, di un lavoro di misura: è, forse, il primo lavoro in cui mi viene chiesta una certa misura. Ciò significa che sto diventando vecchio… Mi hanno sempre richiesto di arrivare e sparigliare le carte, mentre in questo caso devo tenere le redini, cosa che non ero abituato a fare. Trappola per topi è stata, per me, una nuova sfida.

Foto Federico Riva