Ripartiamo dalla cultura. Intervista a Elena Sofia Ricci
07 febbraio 2021
Quali sono i suoi pensieri in questo momento storico che stiamo attraversando?
Penso al modo in cui può esprimersi l’arte, alla bellezza collettiva del nostro mestiere: al contrario, la tristezza è nelle sale teatrali e cinematografiche che non possono rimanere ancora vuote. Noi siamo sempre stati abituati ad incontrare i fan e a lavorare tutti insieme, ad abbracciarci e a baciarci, anche perché una troupe in genere è formata da decine di persone che collaborano strettamente. Oggi è difficile vivere rispettando dei protocolli pensati in un regime di distanziamento sociale, ma nel nostro lavoro, che attualmente si esprime sostanzialmente sui set, abbiamo dovuto adeguarci. Il nostro settore poteva dirsi già in crisi prima di questa terribile emergenza dettata dalla pandemia, ma adesso è precipitato in un baratro tragico: oltre alla precarietà delle maestranze, dei tecnici e di chi vive dietro le quinte, anche gli attori impegnati di solito in ruoli più brevi o secondari hanno sempre avuto il problema del numero di giornate lavorative riconosciute. Il Covid ha fatto venire tutti i nodi al pettine e ha ribadito la mancanza di ammortizzatori sociali in questo settore: in alcuni Paesi stranieri agli attori è riconosciuto un minimo salariale garantito, anche perché si tratta di un mestiere in cui in un periodo lavori tanto e magari la stagione successiva sei impegnato molto meno. Dipende dalle opportunità produttive, dai ruoli che ti capitano, dalla lunghezza di una tournée: ogni anno non è mai identico all’altro, da questo punto di vista. L’Italia investe in cultura solo lo 0,8% del prodotto interno lordo ed è al terzultimo posto in Europa, mentre la Francia, per esempio, investe il doppio. Il mondo dello spettacolo è comunque in grado di produrre, come ricchezza di ritorno, una cifra molto elevata. L’Italia è la patria che detiene il 70% del patrimonio culturale mondiale, è il Paese che ha dato i natali a Leonardo, Dante, Pirandello, Verdi – solo per citare alcuni nomi – e, dunque, perché non investire maggiormente nella cultura? Dobbiamo cominciare la ricostruzione partendo proprio dalla cultura, dalla riapertura dei teatri e delle sale cinematografiche. Non solo questa decisione farebbe bene alle nostre anime, contribuendo alla crescita di individui liberi, ma – ripeto – il settore dello spettacolo porta ricchezza in termini economici al Paese perché produce circa il 6% del PIL.
Nel momento in cui tutto si è fermato, insieme a tanti altri artisti, ha ideato il movimento a sostegno dei lavoratori dello spettacolo Grido per un Nuovo Rinascimento…
Inizialmente abbiamo lavorato in famiglia, insieme a mio marito, il Maestro Stefano Mainetti che si è occupato delle musiche, e mia sorella, la coreografa Elisa Barucchieri. In seguito tanti amici e colleghi hanno risposto alla nostra chiamata e hanno aderito a questo progetto, che ha avuto anche il patrocinio del MIBACT: dalla compagnia ResExtensa (in collaborazione con Milena Zullo e Dino Verga e la partecipazione straordinaria dell’étoile Luciana Savignano) per la danza a terra e la danza aerea, ad artisti come Lino Guanciale, Iaia Forte, Ferzan Ozpetek, Camilla Filippi, Maria Pia Calzone, Fabrizio Gifuni, Fabrizia Sacchi, Paolo Genovese, Monica Nappo, Stefano Fresi, Paola Minaccioni, Francesco Colella, Cristiana Polegri, Vittoria Puccini, Ludovico Fremont, Diana Del Bufalo, Claudia Gerini, Maurizio Donadoni, Massimiliano Gallo, Giorgia Cardaci, Anna Foglietta, Luca Pincini, Yasemin Sannino, Pino Quartullo, Andrea Roncato, Giulia Elettra Gorietti, Euridice Axen, Irene Ferri, Pino Insegno, Massimo Ghini, Matilde Gioli, Giorgia Cardaci, Tosca D’Aquino, Francesca Chillemi e moltissimi altri. Si tratta di una manifestazione importante perché sancisce il 24 giugno come la Giornata Nazionale dei Lavoratori dello Spettacolo. Nell’assoluto rispetto delle norme vigenti in materia di sicurezza e salute, artisti e lavoratori del mondo dello spettacolo la scorsa estate si sono uniti e hanno dato vita ad una complessa e suggestiva messinscena, un tripudio di luci, corpi, colori e musica, per infondere speranza a questo settore che versa in gravi difficoltà economiche. Tutta la grande famiglia dei lavoratori dello spettacolo nella sua totalità – gli attori che stanno in palcoscenico, ma anche chi vive dietro le quinte: organizzatori, tecnici, attrezzisti, macchinisti, rigger, porteur, fonici, backliner, datori luce… – è stata rappresentata in questa occasione, anche grazie alle numerose associazioni di categoria, per ribadire il valore di questo mestiere: un grido collettivo, il nostro, verso un possibile futuro migliore. Proprio in questi giorni stiamo finendo di montare il documentario nato da quell’esperienza: la nostra iniziativa vuole portare, finalmente, alla ribalta il lavoro quotidiano e silenzioso dei tanti professionisti dello spettacolo. Il mondo artistico e culturale italiano, dal settore audiovisivo a quello degli spettacoli live, dalle grandi accademie alle piccole scuole di danza, è alle prese con uno dei momenti più drammatici della sua storia. Sarebbe bello poter pensare che nel prossimo futuro, quando l’emergenza sanitaria ed economica sarà finita, si capisca che la cultura è ‘il nostro petrolio’ e che rappresenta l’unica possibilità per diventare “liberi pensatori”, come diceva la grande Rita Levi Montalcini.
Qual è il suo luogo teatrale preferito e di cui sente più la mancanza?
Forse il proscenio è il luogo che mi emoziona di più, quel momento in cui alla fine dello spettacolo esci per ricevere gli applausi del pubblico. Ti avvicini sempre più agli spettatori, i nostri sguardi possono anche incrociarsi: sono istanti pieni di solidarietà e complicità, chi è sul palcoscenico e chi sta in platea sente di essere strettamente connesso. Capiamo che per il tempo dello spettacolo non siamo stati separati, che attori e pubblico formano un sodalizio: è un legame fortissimo e indivisibile. Noi attori non esistiamo senza il pubblico.
Angela Consagra