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Nuovi orizzonti teatrali. Intervista a Omar Rashid

08 gennaio 2021

Così è (o mi pare) VR è una rilettura del testo di Pirandello in chiave virtuale che ha realizzato insieme ad Elio Germano, le cui riprese si sono concluse al Teatro della Pergola: in che modo la tecnologia e un classico del teatro possono convivere?

Così è (o mi pare) VR, prodotto dal Teatro della Toscana con Gold e Infinito, è stato scritto e diretto per il teatro da Elio Germano. Grazie alle riprese a 360° che abbiamo realizzato, Così è (o mi pare) VR è diventato un film in realtà virtuale. La tecnologia identifica un linguaggio nuovo: si tratta di una registrazione di uno spettacolo, è vero, ma la particolare fruizione della rappresentazione – attraverso appositi visori 3D – permette al pubblico, in prima persona, di vivere intensamente ogni singolo istante di ciò che si sta raccontando sulla scena. La realtà virtuale consente una visione totale, lo sguardo può ruotare addirittura di 360°, e di conseguenza ogni visione è unica perché sei tu stesso a scegliere di guardare da una parte oppure dall’altra: in qualche modo, è lo spettatore a diventare regista di se stesso. Ecco perché credo che in questo caso la tecnologia si sposi perfettamente con il linguaggio teatrale: si crea una simultaneità dello sguardo e ciò che accade durante la visione ti coinvolge e ti chiama in causa, quindi diventa irripetibile. La peculiarità del nostro modo di raccontare consiste nella volontà di costruire uno spettacolo totalmente intorno ad un singolo spettatore: questo metodo narrativo è un’opportunità ulteriore nel rapporto attore-pubblico. Inoltre, in questo delicato momento storico che stiamo sperimentando, la narrazione in realtà virtuale è un tipo di contenuto che può essere facilmente trasportato nelle case delle persone. Viviamo un’emergenza, i teatri sono chiusi e tutti speriamo di ritornarci presto: in questo contesto la realtà virtuale non è un surrogato del teatro o qualcosa che va in contrasto con la sua natura, piuttosto offre una possibilità in più.

In questa realtà immersiva la famosa quarta parete sembra rompersi, attori e spettatori si avvicinano come non mai…

È la grande differenza esistente tra il linguaggio audiovisivo della realtà virtuale e quello più tradizionale del cinema: le regole base della visione vengono stravolte, gli sguardi che cinematograficamente devono essere sempre in macchina si arricchiscono. Stiamo parlando di qualcosa di registrato, ma che provoca un coinvolgimento assoluto: la narrazione virtuale crea un dialogo davvero diretto tra attore e spettatore.

Pirandello nelle sue opere gioca costantemente sul contrasto tra realtà e finzione: è anche per questo motivo che può essere un autore adattabile al linguaggio virtuale?

Per quanto riguarda Così è (o mi pare) VR, la direzione degli attori e la scelta del testo sono ad opera di Elio, mentre io ho supportato più la fase tecnica e la trasposizione in realtà virtuale. Il lavoro che stiamo facendo da tempo con Elio Germano è sempre metanarrativo. La scelta dei testi per i nostri spettacoli, incluso Pirandello, va in questa direzione: ci occupiamo di realtà virtuale e dunque di differenti percezioni della realtà, ecco perché l’opera di Pirandello – un autore che si sofferma sulla soggettività del reale – contribuisce a sottolineare in maniera inequivocabile tale percorso.

Come è partita la vostra collaborazione?

Veniamo entrambi dal mondo underground: Elio ha un gruppo rap, sia io che lui facevamo i graffiti, mentre io sono sempre stato molto vicino all’hip hop e anche Gold, la nostra casa di produzione indipendente, nasce come marchio di abbigliamento street. Questi sono stati i punti di contatto iniziali tra noi, poi abbiamo iniziato a collaborare a vari progetti: ci è piaciuto esplorare insieme il mezzo virtuale, riprendere più punti di vista in contemporanea, ma a partire sempre dall’individualità dell’essere umano.

Dopo la realtà virtuale, cosa può esserci ancora? Come vede il futuro?

Sicuramente la realtà aumentata è la grande sfida del momento e credo che prenderà sempre più piede, anche se questo tipo di ricerca soffre molto della mancanza di hardware adeguati. La corsa è comunque inarrestabile, anche a causa del momento storico che ha dato al virtuale una grande accelerata: dovere stare chiusi in casa e avere invece un mezzo che può portarti fuori, per quanto virtualmente, può essere in certi casi anche una salvezza. Voglio ribadire, però, che io ed Elio siamo più amanti del cinema e del teatro tradizionali, ma il fatto è che questa nuova tecnologia esiste e non possiamo ignorarla. L’unico modo virtuoso per contrastarla è creare dei contenuti di un certo tipo, in chiave drammaturgica: del resto, tutto può essere vissuto come un’opportunità, perfino questa pandemia… Ho sempre pensato che fosse più saggio vivere la crisi come una possibilità, riflettendo su cosa si può fare per riadattarsi e andare avanti.

Angela Consagra