Stefano Massini consegna al teatro il Mein Kampf di Adolf Hitler in tutta la sua sconcertante portata di paranoica autobiografia di un invasato visionario.
Cent’anni ci separano dal 1924, l’anno di pubblicazione. Otto anni sono trascorsi, invece, dal 2016, quando la Germania decise di consentirne nuovamente il ritorno in libreria, ritenendo che soltanto la conoscenza potesse evitare il ripetersi della catastrofe.
Dopo anni di lavoro incrociando i testi di tutti i comizi del Führer con la prima stesura del libro-manifesto dettato dal giovane Hitler nella cella di Landsberg, Massini propone il Mein Kampf senza filtri, non solo con lo stile ossessivo, barocco ed enfatico del testo originario, ma soprattutto in un millimetrico studio teatrale dei ritmi, dei toni, degli affondi verbali del dittatore tedesco. E la consapevolezza di questo meccanismo è l’unico antidoto al suo nefasto replicarsi.