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Un divertimento profondo. Intervista a Massimo Popolizio

12 marzo 2024

di Angela Consagra

Perché avete scelto di mettere in scena Neil Simon?

Neil Simon è considerato universalmente come uno dei maggiori scrittori americani e ha scritto The Sunshine Boys (I ragazzi irresistibili, nella nostra versione con la traduzione di Masolino D’Amico) nel 1972, per Broadway. Pochi anni dopo era diventato un film e a interpretarlo erano Walter Matthau e George Burns, mentre per una produzione televisiva del 1996 i protagonisti sono stati Woody Allen e Peter Falk. Si raccontano le vicende di due vecchie glorie del palcoscenico che hanno lavorato in coppia per tutta la loro vita creando un duo diventato famoso come “i ragazzi irresistibili”, appunto, dal titolo della pièce. I due ex comici, litigiosi e rancorosi – Willy (Branciaroli) che vive in una piccola camera ammobiliata d’albergo a New York, in attesa di qualche scrittura, arrangiandosi con improbabili spot su patatine fritte, e Al (Orsini) che si è ritirato in campagna, nel New Jersey, in una casa con giardino e nipoti, deriso con sufficienza per questo dall’ex compagno di arguzie in scena – sono pieni di ricordi. Si rincontrano dopo tanto tempo dal loro straordinario successo in tutti gli Stati Uniti: sono, infatti, invitati a riunirsi nuovamente sulla scena, per un’unica serata, in occasione di una trasmissione televisiva dedicata alla storia del leggendario varietà americano. Willy e Al si erano separati per incomprensioni reciproche: era undici anni che non si vedevano e dodici che non si parlavano! Si ride, e anche spesso, per le numerose gag e le battute di cui è disseminata la commedia, ma il sottostante pathos suggerisce qualcosa che va oltre il puro meccanismo comico. Lo sketch che i due attori provano per la Tv, sebbene eseguito male e continuamente interrotto, materializza in scena la memoria nostalgica di una forma comica perduta. Si tratta di un testo drammaturgicamente perfetto: tante battute scoppiettanti in un continuo gioco di equivoci, un ritmo complessivo che però rivendica un tessuto profondo al di là della pura commedia. Neil Simon è così bravo che il risvolto amaro galleggia su un mare di divertimento; la barriera che separa teatro serio da teatro leggero è superata.

“Sono due attori che interpretano due attori: è una finzione, ma anche uno specchio di un’esistenza di teatranti. Due personaggi davvero diversi, ma complementari”

Massimo Popolizio

 

 

Tra l’interpretazione attoriale e l’impostazione registica di questo spettacolo c’è una profonda intesa…

Siamo complici, ci conosciamo bene. E, in realtà, noi non siamo un terzetto ma un quartetto, con Luca Ronconi che era il filo rosso che ci univa. Io stavolta, per la confidenza con Umberto e Franco, ho potuto fare una regia senza dare i toni alle battute, curando un teatro di situazioni, ironie e amarezze, anche se dietro questi due personaggi c’è l’ombra della morte. A un’anteprima dello spettacolo a Fabriano la devozione di questi due grandissimi interpreti della nostra scena mi ha commosso: reduci da Pour un oui ou pour un non di Nathalie Sarraute in cui avevano già recitato insieme, in I ragazzi irresistibili ancora una volta si scambiano i ruoli di rompiscatole e smemorato, ma da grandi mostri, dentro paletti stretti, con frasi che vanno dette in un solo modo, quello scritto da Neil Simon, perché non è Shakespeare. Sono due attori che interpretano due attori: è una finzione, ma anche uno specchio di un’esistenza di teatranti. Due personaggi davvero diversi, ma complementari.

Foto Nicolò Feletti

E, proprio dal punto di vista dell’attore in scena, come si vive il rapporto con il pubblico durante uno spettacolo?

Durante uno spettacolo a me fa piacere sentire la partecipazione del pubblico attraverso il silenzio. Un attore capisce che tipo di energia suscita dalla platea ed il sentimento più forte che può arrivare dipende dall’attenzione di chi guarda e ascolta. Quando il pubblico entra in questo tipo di predisposizione e si mette in attenzione verso qualcosa che sta accadendo in scena, l’energia che si crea è unica. Le diverse relazioni dei personaggi che vengono rappresentati, come queste figure si muovono fra loro e gli avvenimenti che provocano: sono tutti aspetti estremamente interessanti, soprattutto quando riescono a catturare lo spettatore. Il teatro mette insieme varie unità sul palcoscenico, ognuna con il suo spazio, per suscitare dinamiche nuove all’interno di un testo. Del resto, la paura di affrontare il palcoscenico cresce con gli anni, andando avanti con questo mestiere non diminuisce e quindi per esorcizzarla io mi preparo molto: analizzo l’opera, studio, prendo tutte le informazioni sui personaggi e sulle situazioni che devono essere rappresentate. Importante è studiare la struttura: capire bene come sono scritte le battute, il modo in cui sono divise. Credo che un copione, tutto sommato, sia anche un fattore matematico.

 

 

“Il teatro mette insieme varie unità sul palcoscenico, ognuna con il suo spazio, per suscitare dinamiche nuove all’interno di un testo”

Massimo Popolizio