Vai al contenuto principale

Un classico contemporaneo. Interviste a Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli

04 gennaio 2024

di Angela Consagra

Il suo personaggio ne L'anatra all'arancia, che donna/uomo è?

 

NATOLI: Lisa è una donna che ha dedicato la sua esistenza matura all’amore per il marito e ai figli, una donna con un cuore romantico, con un sogno romantico che ha perso lo sguardo del marito, e anche le sue attenzioni erotiche. Lisa prende delle gocce calmanti perché chiusa nel ruolo di madre e moglie ha sviluppato delle nevrosi e delle rivendicazioni. Lo spettacolo si apre però con un colpo di scena per la coppia: Lisa, che è stata per anni e anni all’ombra del marito per sua scelta, ora si prende una piccola rivincita, e il tradimento con cui si apre lo spettacolo è probabilmente solo una ‘ mossa di scacchi’ di una giocatrice non all’altezza del proprio gioco. Gilberto, traditore seriale e abilissimo scacchista con l’aria da buon guascone la riporta a sé…. Per me si tratta della vittoria dell’amore sulla routine, la riscoperta di uno sguardo malgrado le debolezze dell’altro, ma ciascuno spettatore potrà chiaramente offrire una propria interpretazione.

 

SOLFRIZZI: In una battuta dello spettacolo Gilberto si definisce simpatico, divertente, imprevedibile e la moglie Lisa gli fa eco completando la descrizione con: bugiardo, egoista, infedele. In effetti Gilberto è tutte queste cose e molto altro ancora. Arrogante, gradasso, sbruffone, spaccone, spavaldo, ma anche attraente, avvincente, fascinoso, coinvolgente, seducente, intrigante. Insomma, un uomo meravigliosamente insopportabile e per il quale è facile nutrire sentimenti opposti di amore e odio, di attrazione e repulsione. È perfettamente consapevole di sé e non fa nulla per nascondersi. Anzi. Nella sua lotta per riconquistare l’amore della moglie Lisa, rivendica le imperfezioni del loro rapporto come una conquista da preservare. Quelle imperfezioni hanno permesso a quel rapporto di durare anni.

 

 

“È bellissimo far ridere con un testo così: perfetto, divertentissimo, mai banale, e soprattutto (che di questi tempi non sai mai se è un valore aggiunto), mai volgare”

 

Emilio Solfrizzi

“Ogni pubblico è a sé, ogni serata si compone di un terzo elemento che crea la magia della presenza. Ogni pubblico si condiziona e risuona differentemente” 

 

Carlotta Natoli

 

 

In che modo l’interpretazione ha seguito i dettami della regia di Claudio Greg Gregori?

 

SOLFRIZZI: Abbiamo lavorato molto bene con Claudio e in grande sintonia. È stato divertente vederlo confrontarsi con un testo per molti versi lontano dalla sua sensibilità più surreale o demenziale. Ha pensato alla pièce come una partita a scacchi (Gilberto è un giocatore abilissimo) ed anche la scena, l’elegante salotto di questa casa borghese concepita da Fabiana Di Marco, riporta gli elementi di una grande scacchiera dove i protagonisti si agitano come pedine mosse con abilità dalla strategia di Gilberto. Null’altro ruba la scena al testo che non ha bisogno di altri sostegni o invenzioni se non di un ritmo all’altezza che ne sostenga la durata. Come tutti ho visto e amato il film di Salce con protagonisti Monica Vitti e Ugo Tognazzi, ma è altro rispetto al testo teatrale e non è stato un punto di riferimento per la nostra messa in scena. Così come so anche che L’anatra all’arancia ha avuto in teatro interpreti di primo piano, anche recentemente, che hanno contribuito al successo della commedia. Noi abbiamo cercato di dare una lettura il più possibile rispettosa delle indicazioni degli autori e ad attualizzare il testo solo là dove era necessario.

 

NATOLI: Greg è un uomo intelligente, sensibilissimo e delicato, il suo humor è tipicamente inglese. Ci ha spinti a seguire il testo con un certo rigore, i quadri segnano le progressioni del gioco di scacchi che puntella come sottotetto tutta la pièce. Abbiamo da lui respirato eleganza, contegno, ed ironia. Su tutti i pezzi della scacchiera spicca la figura di Gilberto che si distanzia per abilità comiche, battute e capacità di intessere il gioco in cui tutti cadranno fino allo scacco. Ma lo scacco al Re è anche lo scacco che lui deve compiere a sé stesso per recuperare quella moglie che gli consente di essere ciò che lui è.

Che sfida è oggi mettere in scena un classico? E, soprattutto, riuscire a fare ridere il pubblico? Da questo punto di vista, la difficoltà è diversa di piazza in piazza?

 

SOLFRIZZI: L’anatra all’arancia è diventato un classico della drammaturgia contemporanea. In effetti rappresenta un unicum nel suo genere perché unisce due sensibilità comiche diversissime tra di loro: quella molto più british e (apparentemente distaccata) di Douglas Home che l’ha concepita negli anni Sessanta e quella francese più calda e vicina alla nostra di Sauvajont che l’ha adattata nel 1973. Il risultato è un’alchimia perfetta che però non permette di ascrivere la paternità effettiva del successo all’uno o all’altro autore. È bellissimo far ridere con un testo così: perfetto, divertentissimo, mai banale, e soprattutto (che di questi tempi non sai mai se è un valore aggiunto), mai volgare. E sì! La difficoltà di far ridere il pubblico cambia di piazza in piazza, ma questo vale per qualunque altro testo. Al netto di come il pubblico del Nord o del Sud percepisce la commedia per diversa cultura, sensibilità o tradizioni, quando ne riconosce la qualità, si diverte a qualsiasi latitudine.

 

NATOLI: Un classico contemporaneo… Un classico si definisce tale perché intramontabile. Nel classico esistono dinamiche inalienabili allo spirito umano e noi interpreti a seconda delle nostre capacità e caratteristiche tentiamo di illuminarne una parte. Il classico permette di confrontarsi con aspetti mitici del testo, e anche con Mitici attori che ci hanno preceduto ma io credo che occorra molta semplicità e umiltà nell’approccio ad un classico, per tentare di servire al meglio ciò che noi per primi sentiamo più in risonanza col nostro essere. Ogni pubblico è a sé, ogni serata si compone di un terzo elemento che crea la magia della presenza. Ogni pubblico si condiziona e risuona differentemente… L’aspetto più alto del teatro è proprio questo ‘irripetibile’ che ogni serata porta con sé.

 

 

La comicità: che cos’è per Lei? Una sua definizione.

 

NATOLI: Sul comico sono stati scritti fiumi di parole, non sta certo a noi tentare di definirlo anche perché per sua natura il comico è fugace e fuggevole se considerato in termini astratti. Poi c’è l’effetto comico che è un’altra cosa ancora, oppure esiste la comicità donata da un’intonazione o ancora dalla ripetizione meccanica. Esistono i meccanismi del comico, il comico di situazione e poi ovviamente la comicità varia in base alle diverse nazioni, a volta anche delle diverse regioni. Non credo occorra lavorare pensando all’effetto da ottenere, per me come attrice occorre servire la storia e non tradire il proprio personaggio, ammesso che lo si conosca davvero. Ma sul comico certamente Emilio saprà essere più esaustivo…


SOLFRIZZI: Mah… Ho letto molte definizioni di comicità. Tutte giuste. Tutte convincenti. Una volta chiesero a Stan Laurel (lo Stanlio di Stanlio e Ollio) cosa fosse per lui la comicità e con gran sorpresa di tutti lui rispose: “Non lo so. Tutto ciò che so è che ho imparato come far ridere la gente, non so altro a riguardo”.