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La ricerca della naturalità. Intervista a Silvio Peroni

23 aprile 2024

di Angela Consagra

Come la sua idea di regia è riuscita ad accordarsi ad un gruppo già piuttosto definito come gli allievi de L’Oltrarno – Scuola di formazione del mestiere dell’attore?

Credo che siano stati più bravi i ragazzi de L’Oltrarno ad accordarsi a me, piuttosto che viceversa…  Il mestiere del regista si esprime, in genere, nella capacità di comprendere chi si ha davanti, approcciandosi ad ogni singolo individuo, ma in questo caso è stato l’insieme del gruppo a fare emergere questa abilità di collaborazione reciproca.

 

 

“Il teatro è una forma di osservazione e di amplificazione del mondo in cui viviamo”

Silvio Peroni

 

 

Qual è l’idea che sta alla base della costruzione di questa regia?

Prima ancora di figurarmi l’elaborazione di una regia vera e propria, penso all’essere umano. Quando leggo un’opera, non riesco ad accostarmi solo al testo letterario: nella mia testa vedo già degli individui che si muovono. Nello specifico, il lavoro di Goldoni, nel corso del tempo, è stato travisato perché se ne è sottovalutata forse la portata più innovativa. Goldoni era un avvocato, per cui la sua grandissima idea di Riforma teatrale è stata portata avanti con molta attenzione, ma non dimentichiamo che la sua intuizione dell’arte interpretativa anticipa tutta la pedagogia del Novecento. E il mio pensiero di regista ha tentato di assecondare questo discorso, togliendo quella patina che, per prassi teatrale, avvicinava Goldoni alla Commedia dell’Arte. Invece, Goldoni ha annullato la distanza tra il teatro e il mondo, ricercando una recitazione realistica, verso un teatro più umano e capace di indagare profondamente i conflitti dei personaggi. E, per me, il lavoro sulla scena coincide sempre con il desiderio di ricreare questa umanità.

Il testo originale de Le Baruffe Chiozzotte è in veneziano, ma la sua messinscena asseconda il diverso dialetto di ognuno degli attori…

Da questo punto di vista ho fatto un lavoro di traduzione del testo, perseguendo l’oralità e la costruzione dialettale delle frasi nel passaggio dalla parola scritta alla scena: nel parlato non usiamo la lingua in cui scriviamo, abbiamo delle costruzioni sintattiche diverse come, per esempio, l’inversione del soggetto e del verbo. Tutto dipende anche dalle condizioni interpretative umane in cui ci si trova in quel particolare momento e, infatti, il lavoro fatto con questi giovani attori è stato a partire proprio dall’interpretazione. Gran parte delle prove si sono svolte in dialetto perché, nel suono, ogni dialetto assimila in sé tutti i significati. Per Le Baruffe Chiozzotte abbiamo rifuggito i suoni artefatti, proprio per scavare nel carattere popolare di cui racconta il testo di Goldoni. E poi il significato delle parole passa anche attraverso la fisicità degli attori, che è importantissima: l’uso del corpo in scena diventa la macchina che fa muovere il linguaggio per esprimere determinati significati. Non a caso, una buona parte di prove è stata eseguita anche senza dire il testo, soltanto attraverso il movimento.

 

 

“Goldoni ci sta raccontando qualcosa di estremamente passionale, in personaggi dal carattere quasi shakespeariano”

Silvio Peroni

La recitazione tratteggia dei sentimenti popolari, anche molto forti: gli attori emergono in tutta la loro energia. In che modo il carattere goldoniano della rappresentazione può parlare ancora a un pubblico contemporaneo?

È un testo che tratta di pulsioni forti: rabbia, gelosia, possessione, invidia. Questi sentimenti parlano al pubblico di tanti anni fa, come agli spettatori di oggi. Strindberg affermava che il lavoro di un autore è raccontare l’essere umano, in una ricerca continua, fin dalle origini del teatro e attraversando ogni epoca. Goldoni ci sta raccontando qualcosa di estremamente passionale, invece noi viviamo in una società, la nostra, dedita al controllo, alla tecnica, alla razionalità. Lasciare spazio a ciò che non si può controllare sembra spaventare, ma è l’essere umano stesso ad essere irrazionale. Il teatro dovrebbe parlare allo spettatore sempre attraverso un riconoscimento pulsionale profondo e istintivo, non attraverso una rielaborazione intellettuale. 

 

 

“Compito del teatro è riuscire a ricreare sul palcoscenico quel mondo in cui lo spettatore possa finalmente vedersi e riconoscersi intimamente”

Silvio Peroni

 

 

Nelle note di regia conclude scrivendo: “È questo un Teatro che vuole ricreare il mondo…”

Proprio come scrive Shakespeare: “Tutto il mondo è palcoscenico.”  Il teatro è una forma di osservazione e di amplificazione del mondo in cui viviamo. Spesso non ci accorgiamo della realtà che ci circonda, non riusciamo a interpretarla, perché siamo troppo occupati a proiettare noi stessi all’esterno. Compito del teatro è riuscire a ricreare sul palcoscenico quel mondo in cui lo spettatore possa finalmente vedersi e riconoscersi intimamente.