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Glauco Mauri: il palcoscenico, poesia di una vita

07 marzo 2024

di Adela Gjata

Ripercorrere i fili del percorso artistico di Glauco Mauri significa attraversare i momenti più luminosi della scena italiana degli ultimi settant’anni, e insieme del Teatro della Pergola. Una lunga avventura di poesia iniziata nel 1946, quando, appena quindicenne, calca le tavole di un teatrino di Pesaro, la sua città. Da allora Mauri attraversa i capolavori della drammaturgia di tutti i tempi collaborando con i più grandi attori registi e artisti di teatro della seconda metà del Novecento. Il Teatro della Pergola è pieno della sua leggenda, diventando, nel corso degli anni, una delle case da lui più amate.

 

Il primo incontro con il palcoscenico fiorentino risale all’aprile del 1953 con I dialoghi delle Carmelitane di Bernanos, spettacolo diretto da Orazio Costa, suo maestro all’Accademia Silvio d’Amico, che, a partire dagli anni Settanta, avrebbe eletto la Pergola a casa e sede della sua ricerca teatrale. La consacrazione giunge la stagione successiva con I fratelli Karamazov di Dostoevskij, adattato per le scene da Jacques Copeau e diretto da André Barsacq, dove recita a fianco di alcuni mostri sacri della scena italiana: Memo Benassi, Lilla Brignone, Gianni Santuccio e un giovane Enrico Maria Salerno. Mauri è Smerdjakov, il quarto Karamazov, figlio illegittimo: è stato un grande successo personale, celebrato a ogni rappresentazione da lunghi commossi applausi a scena aperta, premi e tanti incontri felici.

Glauco Mauri alla Pergola - Foto Filippo Manzini

Dopo alcuni anni nella compagnia Proclemer-Albertazzi, negli anni Sessanta fonda insieme a Valeria Moriconi, Franco Enriquez ed Emanuele Luzzati la Compagnia dei Quattro, quattro giovani innamorati del teatro che hanno infuso tanta linfa innovativa alla scena italiana. Spettacolo di debutto della Compagnia è Il Rinoceronte di Ionesco (1961), una prima assoluta per l’Italia, che sorprende lo stesso Ionesco, il quale in una dedica all’attore scrive: «Per Glauco Mauri che recita con una tale sincerità, con una tale emozione, con una tale verità da fare apparire Berenger così come questo deve essere obiettivamente (allo stesso tempo simpatico e antipatico nella sua testardaggine).»

 

Mauri è, inoltre, il primo Krapp italiano de L'ultimo nastro di Krapp (1961), e il primo a portare in Italia Atto senza parole (1962), entrambi di Beckett. Nel gennaio 2018 riporta il suo Krapp alla Pergola in un viaggio multimediale di atti unici, brani dalle opere, radiodrammi e poesie del grande autore irlandese intitolato En attendant Beckett. Una serata densa di emozioni, che porta il pubblico in scena e lo spettacolo con le spalle alla sala, celebrata nel finale con il conferimento della Medaglia d’Onore degli Accademici Immobili, i fondatori del Teatro della Pergola, omaggio al suo straordinario percorso artistico e al legame ultra-sessantennale con il teatro fiorentino.

Glauco Mauri alla Pergola, camerino della Duse, si trucca da Edipo - Foto Filippo Manzini

Nell’Olimpo degli autori più amati, oltre a Dostoevskij e Beckett, c’è Shakespeare. L’eccezionale vita teatrale di Glauco Mauri conta 31 spettacoli, 24 personaggi e 4 recital sul Bardo. Tra le opere predilette Re Lear, con il quale si confronta dapprima nel 1955, appena venticinquenne, nelle vesti del Duca di Gloucester, nella compagnia capitanata da Renzo Ricci. Tornerà al capolavoro di Shakespeare 30 anni dopo, interpretando, questa volta, il sovrano della Britannia; una produzione della Compagnia Mauri, nata nel 1981, divenuta poi Mauri-Sturno, caso esemplare nel panorama culturale italiano perché diretta e finanziata dagli stessi fondatori. Il Maestro ritornerà per la terza volta all’amato Lear, «quel sublime crogiolo di umanità» per dirla con le sue parole, nel 2020; il giullare è Roberto Sturno, inseparabile compagno di oltre quarant’anni di teatro; regista Andrea Baracco, collaboratore di tante rappresentazioni di successo dagli anni Duemila: Edipo re (2016), Finale di partita (2017), Interno Bernhard (2023). Lo spettacolo, prodotto dalla Fondazione Teatro della Toscana, debutta in prima assoluta il 10 gennaio al Teatro della Pergola. Ancora una volta al calar del sipario, come in tutte le opere di Mauri, si avverte come la finzione del palcoscenico può essere infinitamente più poetica della realtà della vita.