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Quando si affronta La figlia di Iorio, man mano che si tolgono le scorie del folklore e del letterario, ci si accorge di essere in un’opera nera, che in qualche modo giustifica lo stupro come ricompensa al duro lavoro, i padri-padroni che tutto possono in nome di un antico tribale diritto di famiglia, assolve il parricida perché vittima di un raggiro, condanna il diverso al rogo perché la sua forza eversiva fa paura e non fa parte della comunità. 
Qui si vede bene quando la formula tanto abusata “Dio, patria, famiglia” venga impropriamente messa in atto come affermazione di un sacro diritto. In fondo, i due personaggi principali, Mila e Aligi, gli innocenti, appartengono al mondo dei nomadi, Aligi col suo andare per monti con il suo gregge; Mila che appartiene alla natura selvaggia, ai boschi, ai riti legati a una conoscenza diversa, misteriosa, arcana, libera nel suo essere, generosa. I due non fanno parte di quel mondo di contadini legato alla terra, stanziale, anche crudele, dove il sacrificio di qualcuno è sempre legato alla “robba”, al raccolto, all’integrità e appartenenza al nucleo familiare. 
Forse qui, inconsciamente per D’Annunzio, assistiamo allo smarrimento di un mondo culturale e al suo spaesamento, ricordandoci però che in qualche modo, malgré-nous, apparteniamo ancora alla “terra del rimorso”. 
               
Dario Marconcini 

SALA CIESLAK

 

Fuori abbonamento

Teatro Era
20 dic 2023 21:00

Intero € 12
Ridotto over 65 e convenzioni € 10
Ridotto soci Unicoop Firenze
€ 10
Ridotto under 30 € 8 

Foto di scena

La figlia di Iorio

Tragedia pastorale di Gabriele D’Annunzio 

  • con

    Maria Bacci Pasello, Leonardo Greco, Giovanna Daddi, Gianni Buscarino, Enrico Pelosini, Fabio Bartolomei, Irene Falconcini e Francesca Galli 

  • riduzione, drammaturgia e regia di

    Dario Marconcini 

  • costumi a cura di

    Giovanna Daddi 

  • allestimento

    Riccardo Gargiulo e Maria Cristina Fresia 

  • tecnico

    Cesare Galli

  • produzione

    Ass.ne Teatro Buti 

Rassegna stampa