Un nuovo Teatro - Immagine Walter Sardonini

UN NUOVO TEATRO

RIAPERTURA TEATRO DELLA TOSCANA

Teatro d’Arte, Teatro Pubblico, Teatro della Città, nella continua tensione ideale tra arte e società civile, tra attenzione rivolta all’uomo e riflessione sulla collettività: la Fondazione Teatro della Toscana riapre acquisendo appieno dopo la pandemia la consapevolezza dell’identità finora perseguita, cercata e voluta di Teatro della Città, delle Città in cui opera, di Casa degli artisti e di Casa dei sogni.

La Lingua Italiana, i Giovani, l’Europa, la Vecchia e Nuova drammaturgia, il Teatro civile e politico: dopo più di un anno di silenzio, il Teatro della Toscana si impegna a restituire al Teatro il suo ruolo di fattore attivo nella società, di motore della partecipazione critica agli eventi della società stessa. È questa una delle funzioni più alte e importanti del Teatro, che diviene testimone della storia e, attraverso la poesia, si assume un fondamentale impegno sociale.

Tutto questo con il costante sguardo alla nostra Storia, a chi in altri tempi, diversi, ma tanto simili agli attuali, ha avuto il coraggio di aprire nuove strade impensabili ai più, coloro che oggi sono i punti di riferimento imprescindibili per chi voglia davvero lavorare per consentire che un nuovo teatro si realizzi attraverso i giovani, con i giovani, per i giovani, solo a loro consegnando ogni possibile futuro.

Tale impegno unisce tutti gli artisti protagonisti della rinascita: Stefano Accorsi, anche Direttore Artistico, Piero Maccarinelli, Charles Chemin, il Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards, i diplomati del Corso per Attori ‘Orazio Costa’ e de l’Oltrarno di Pierfrancesco Favino, con il costante mantenimento dei rapporti di partenariato con Parigi, Roma, Milano, Atene, Palermo, Los Angeles, Napoli, Trieste.

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La Fondazione è quindi un teatro policentrico a livello geografico, tra il Teatro della Pergola di Firenze, il Teatro Era di Pontedera, il Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci, e plurale a livello artistico e di proposta: non è il teatro di un regista, di un solo artista, in quanto modello di impresa che genera un processo di crescita gestionale e culturale, di valorizzazione e realizzazione degli individui.

La chiusura dettata dall’emergenza è stata l’occasione di applicare appieno il metodo di lavoro e il modello produttivo dichiarati nel Manifesto per un nuovo teatro che è alla base del lavoro del Teatro della Toscana, tanto che gli spettacoli prodotti per la riapertura sono l’esito dell’incontro fra giovani attori e maestri, scene, costumi e apparati sono realizzati dal Laboratorio d’Arte e dal qualificatissimo staff di palco, con una dotazione economica delimitata, limitata e sempre uguale, in economia, con rigore, umiltà, integrità e sincerità, termini e principi probabilmente ‘fuori moda’, ma oggi sempre di più decisivi e fondamentali nel tempo che ci troviamo a vivere.

La materia prima testuale è quella della nostra magnifica Lingua, declinata da Ludovico Ariosto, Luigi Sturzo, Carlo Goldoni, Carlo Lorenzini, e con la finestra sull’Europa rappresentata dal Maurice Maeterlinck di Charles Chemin e dal Workcenter Grotowski.

È una storia che si riavvia adesso per realizzarsi nella stagione 2021/2022, la cui apertura è affidata a Giancarlo Sepe con lo spettacolo The Dubliners per una scelta di senso profonda se letta non nel voler ‘ricominciare da dove ci eravamo interrotti’, ma nella visione del rapporto con un Maestro che fa della contaminazione dei generi e della costante ricerca il suo modo di essere Teatro.

In questa chiave, si inserisce la sua idea di una Facoltà della Ricerca Teatrale che si avvia fin da ottobre prossimo nella Officina Americana di cui oggi esce, con un forte valore simbolico, l’avviso pubblico di selezione.

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