Un campionario di passioni, tradimenti e miserie dell’esistenza umana. Gabriele Lavia, uno dei maestri del teatro italiano, affronta nel capolavoro di Shakespeare l'eterno conflitto del potere, la complessa relazione tra padri e figli, il tema della paternità e dell'eredità.
A più di cinquant'anni dal Re Lear di Giorgio Strehler, dove interpretava Edgar, Lavia affronta in questa sua rilettura «composita, tra ragione e follia» il ruolo del protagonista. Lear è un re potente che decide di rinunciare al suo “essere” regale, cedendo il regno alle figlie, per tornare a essere semplicemente un padre.
Rifacendosi alla celebre domanda di Amleto, «Essere o non essere», Lavia sottolinea come Lear neghi questa interrogazione fondamentale, scegliendo il non essere, il non essere più Re. Donare il proprio essere – il proprio regno – è come privarsi della propria ombra. Nel momento in cui Lear non è più Re, è solo Lear. E cosa è Lear senza essere più Re? Non è che un uomo, uno come tanti che non contano nulla. Non è che “nulla”.
Perché vederlo?
Perché è una storia di “perdite”: della ragione, del Regno, della fraternità. Dentro la tempesta della mente di Lear e dell'umanità, fino alla morte dell'uomo e del padre che abbandona il suo essere per i figli.
3 ore e 30 minuti incluso intervallo
Re Lear
- di
William Shakespeare
- traduzione
Angelo Dallagiacoma, Luigi Lunari
- con
Gabriele Lavia
- e con (in o. a.)
Giovanni Arezzo, Giuseppe Benvegna, Eleonora Bernazza, Jacopo Carta, Beatrice Ceccherini, Federica Di Martino, Ian Gualdani, Luca Lazzareschi, Mauro Mandolini, Andrea Nicolini, Gianluca Scaccia, Silvia Siravo, Jacopo Venturiero, Lorenzo Volpe
- scene
Alessandro Camera
- costumi
Andrea Viotti
- luci
Giuseppe Filipponio
- musiche
Antonio Di Pofi
- suono
Riccardo Benassi
- regia
Gabriele Lavia
- produzione
Teatro di Roma, Effimera srl, LAC Lugano Arte e Cultura
- foto
Tommaso Le Pera