Davide Enia racconta Cosa Nostra per costruire una narrazione biografica che diventa un autoritratto intimo e collettivo. Partendo dalla cronaca degli anni '80 e dalle bombe del 1992, si confronta con il tema della mafia non per capirla in senso assoluto, ma per "cercare di comprendere la mafia in me".
Utilizzando gli strumenti che il vocabolario teatrale ha costruito a Palermo – come il cunto, le parole, il corpo e il dialetto – Enia esplora la nevrosi dei suoi concittadini nei confronti della criminalità organizzata. Spiega che, per diverse ragioni, la mafia è stata spesso minimizzata, sottostimata, banalizzata, rimossa o, al contrario, mitizzata, ma "non è mai stata affrontata per quello che è”.
In scena racconta i continui incontri con Cosa Nostra: i cadaveri trovati per strada, le persone uccise dalla mafia, le bombe in città, l'apparizione del male, definito come "il sacro nella sua declinazione di tenebra". A questa violenza, Enia risponde con un lavoro che è al tempo stesso una tragedia, un'interrogazione linguistica e un esame di coscienza personale e condiviso.
Autoritratto
- di e con
Davide Enia
- musiche composte ed eseguite da
Giulio Barocchieri
- luci
Paolo Casati
- suono
Francesco Vitaliti
- si ringrazia per gli abiti di scena
Antonio Marras
- produzione
CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa, Accademia Perduta Romagna Teatri, Spoleto Festival dei Due Mondi